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p r e s s o   i   G r e c i , ec. 269
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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:379|3|0]]presa la stessa strada di Michelangelo; ma laddove questi giunse per una via impraticabile a scoscesi dirupi, quegli andò a finire in bassa valle fra paludi e stagni. Prendendo il Bernini le sue forme nella più vile natura, credea poi di nobilitarle collo straordinario ed eccessivo: perciò le sue figure rassomigliano a colui, che dallo stato di misero plebeo ad una subitanea grandezza pervenne: l’espression loro sovente contraddice all’azione; e potrebbono paragonarsi ad Annibale che rideva in mezzo a’ maggiori disastri. Ciò non ostante questo artista ha per lungo tempo regnato, e v’è chi oggidì ancora gli rende omaggio.

§. 11. Coloro, che muovono dubbio se aver si possa una giusta idea della bellezza, fondansi principalmente sull’essere quell’idea diversa presso differenti e lontane nazioni, come diverse sono le fattezze de’ loro volti. E siccome molti popoli paragonano coll’ebano il colore delle loro belle; colore certamente più lucido che non è quello d’una pelle candida delle nostre, che noi paragoniamo all’avorio; così forse potrebbon essi paragonare le forme del volto umano a tali fra i bruti, le cui parti per avventura laide ci sembrino e deformi.

§. 12. Non può negarsi, è vero, che eziandio nell’effigie degli Europei non trovinsi talora forme simili ai tratti degli animali. Oltre il Porta, ce lo ha fatto vedere in un’opera scritta su quell’argomento Ottone van-Veen, maestro di Rubens; ma desfi concedere altresì, che quanto più stretta è quella somiglianza in alcune parti, tanto più s’indebolisce e si guasta nell’uomo la firma propria alla sua specie, restando ora troppo diminuita, ora soverchiamente ingrossata, per la qual cosa rompesi quell’armonia, quell’unità si perde, e quella semplicità, che formano l’essenza del bello, siccome più sotto si dimostrerà.


§. 13. Quan-

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