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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:106|3|0]]dosi che l’ombrellaio si sentiva di nuovo sicuro tanto da riafferrare la mano d’Angiolina. Poco dopo li perdette di vista nell’ombra proiettata dalle alte case, e quando capitò finalmente Emilio, sapendo di non poter più raggiungerli, lo accolse con le parole: — Peccato! Hai perduto uno spettacolo che sarebbe stato salutifero per te. Poi si mise a canticchiare. — Sì, vendetta, tremenda vendetta... — e, forse sperando ch’essi si sarebbero fermati ad aspettarli, trascinò seco Emilio verso la stazione.

Emilio aveva capito che si trattava di Angiolina. Acconsentì a camminare accanto al Balli facendo delle domande come se non avesse avuto il più lontano sospetto della verità. Poi comprese: il nodo che gli serrava la gola era prodotto dal duro ridicolo che lo colpiva. Oh, prima di tutto liberarsi da quello! Si fermò ostinato. Voleva sapere di che cosa si trattasse altrimenti non si sarebbe mosso di là. Gli dicesse tutto con franchezza. Si trattava di Angiolina nevvero? — Tutto quanto me ne puoi dire tu non arriva certo a quanto ne so io — e rise. — Cessa dunque da questa commedia.

Fu soddisfatto di se stesso specialmente quando si accorse d’aver subito ottenuto dal Balli quello che voleva. Divenuto serio, costui gli raccontò del caso per cui s’era imbattuto in Angiolina e l’aveva colta in flagrante. — In un’alcova la cosa non sarebbe potuta essere più chiara. — Quell’uomo era là per Angiolina e non per Giulia, anzi Angiolina era là per lui. Come gli accarezzava le mani e come la guar-

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