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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:112|3|0]]Ebbe una grande sorpresa vedendo una faccia ignota, di vecchia, asciutta asciutta.
Una delusione dolorosa. Nel desiderio di non lasciare così quel gruppo cui l’aveva attaccato tanta speranza, ebbe l’idea di chiedere a quella gente se forse non avessero vista Angiolina, e pensava già il modo con cui l’avrebbe descritta. Si vergognò! Una sola parola che avesse detta, e tutti avrebbero indovinato tutto. Continuò a camminare con passo celere che presto degenerò in corsa. Vedeva dinanzi a sè un lungo tratto di strada bianca e ricordò che, quando avrebbe girato, ne avrebbe visto un altro altrettanto lungo e poi un altro. Interminabile! Ma bisognava uscire dal dubbio e per il momento il dubbio era se Angiolina si trovasse su quella strada o altrove.
Un’altra volta pensò le frasi ch’egli le avrebbe dirette quella notte stessa o la mattina appresso. Dignitosamente (quanto più aumentava la sua agitazione, tanto più calmo egli si sognava) dignitosamente le avrebbe detto che per liberarsi di lui le sarebbe bastato di dirgli una parola, una sola parola. Non sarebbe occorso deriderlo. — Io mi sarei ritirato subito. Non mi occorreva di esser cacciato dal mio posto da un ombrellaio. Ripetè più volte questa frase, modificandone qualche parola e cercando di perfezionare anche il suono della voce che diveniva sempre più ironico e tagliente. Cessò quando s’accorse che, per lo sforzo di trovare l’espressione, urlava.
Per evitare la densa fanghiglia nel centro della