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Quando il Brentani si volse a lui, il Sorniani lo guardò lungamente alquanto sorpreso. — Sei indisposto? Hai una cera curiosa — Non era la prima volta che il Sorniani gli avesse detto di trovargli l’aspetto di malato; certo vedeva riverberarsi sulle facce altrui un po’ del proprio giallo.

Emilio fu lieto di apparire malato; poteva lagnarsi di qua che cosa che non fosse la sua sventura giacchè di questa non poteva parlare. — Pare ch’io sia malato di stomaco — disse accorato. — Non di questo mi lagno, ma della tristezza che me ne deriva. — Ricordava d’aver udito dire che il male di stomaco produceva tristezza. Poi si compiacque di descrivere tale tristezza perchè ad alta voce l’analizzava meglio. — Strano! Non potevo mai immaginare che un’indisposizione fisica si tramutasse, senza che io ne potessi avere la coscienza, in una sensazione morale. L’indifferenza che provo per tutto mi rattrista. Credo che se anche tutte queste case sul Corso si mettessero a ballare, io non le guarderei neppure. E se minacciassero di cadermi addosso, lascerei fare. — S’interruppe, vedendo avvicinarsi una donna che somigliava un po’ ad Angiolina. — Oggi fa bel tempo, nevvero? Il cielo dovrebb’essere azzurro, aria dolce, il sole splendido. Io lo capisco ma non lo sento. Vedo grigio e sento grigio.

— Io non sono mai stato tanto ammalato, — disse il Sorniani con una soddisfazione che non riuscì a celare — credo anzi d’essere guarito definitivamen-

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