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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:126|3|0]]te, ora. — Parlò poi di vari medicinali da cui eran da ripromettersi mirabilia.
Emilio ebbe improvvisamente un grande desiderio di liberarsi da quell’importuno che non sapeva neppure star ad ascoltare. Gli tese la mano senza dirgli nulla e facendo già il primo passo per allontanarsi. Anche l’altro lo salutava, ma, tendendogli la mano, gli chiese: — Come vanno i tuoi amori?
Emilio finse di non capire: — Quali amori?
— Quella tizia. La bionda. Angiolina.
— Ah, sì — fece Emilio con aspetto d’indifferente. — Non l’ho più vista.
— Hai fatto benissimo, — esclamò il Sorniani con grande calore e subito ravvicinandosi. — Non è donna quella per giovani come te e che, per di più, non abbiano una salute più solida. Ha fatto impazzire il Merighi e poi, certo, s’è fatta sbaciucchiare da mezza città.
Il verbo sbaciucchiare ferì il Brentani. Se con esso l’omino giallo non avesse colto nel segno, qualificando l’espansività amorosa di Angiolina, egli non avrebbe badato alle sue chiacchiere, ma così, tutto ebbe subito l’aspetto di grande verità. Protestò, disse che per quanto poco la conoscesse la riteneva molto seria, e riuscì nello scopo d’attizzare il Sorniani il quale, fattosi più pallido — lo stomaco doveva pur averci la sua parte, — ne fece sentire di belle all’imprudente che l’aveva provocato.
Angiolina seria? Anche prima dell’entrata in scena del Merighi, ella doveva aver cominciato a far le sue