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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:144|3|0]]spalle. — Ho passata una mattina atrocemente noiosa.
Stefano lo vide pallido e abbattuto e credette di capire che sorta di noia avesse provato Emilio. Aveva preso il partito di essere molto dolce con l’amico. Gli si propose a compagno per il pranzo; nel pomeriggio sarebbero andati insieme a passeggio.
Con un’esitazione che al Balli sfuggì, Emilio accettò. Per un istante aveva pesata la possibilità di respingere la proposta del Balli, e di dirgli subito quello ch’egli oramai sentiva di dover dirgli. Sarebbe stata infatti una vigliaccheria non salvare la sorella per la paura di perdere l’amico; nell’azione ch’egli meditava non vedeva più che un esperimento di coraggio. Non lo fece, solo per il dubbio di poter ancora essersi ingannato sui sentimenti di Amalia. — Sì, sì, vieni! — ripetè al Balli e mentre Stefano attribuiva la ripetizione dell’invito a gratitudine, Emilio era conscio di averla fatta per il piacere che gli fosse data immediatamente l’occasione di dissipare ogni dubbio.
Durante il pranzo, infatti, potè acquistare tutta la certezza di cui abbisognava. Come gli somigliava Amalia! A lui parve di veder se stesso a cena con Angiolina. Il desiderio di piacere la metteva in un imbarazzo che le toglieva ogni naturalezza. La vide persino aprire la bocca per parlare e poi pentirsi e tacere. Come pendeva dalle labbra del Balli! Forse neppure udiva quello ch’egli diceva. Rideva e stava seria per un’involontaria soggezione.