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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:158|3|0]]gli occhi sbarrati da un grande terrore: — Io? Non ti capisco! — Se anche veramente non avesse capito, avrebbe potuto indovinare tutto dall’imbarazzo in cui egli fu gettato al vederla tanto sconvolta. — Tu sei pazzo, mi pare. — Aveva capito, ma evidentemente non sapeva ancora spiegarsi come Emilio fosse riuscito a indovinare il segreto tanto gelosamente custodito.
— Chiedevo se tu... — balbettò Emilio egualmente sconvolto. Cercava una bugia, ma intanto Amalia s’era trovata la spiegazione più ovvia e la disse a tanto di lettere: — Il signor Balli ti ha parlato di me. — Ella gridava. Il suo dolore aveva trovata la parola. La sua faccia era colorita dal sangue sferzato da un violento disdegno, e le sue labbra si arcuarono. Ella ridiveniva forte per un istante. In questo ella somigliava perfettamente ad Emilio. Si capiva ch’ella riviveva potendo convertire il suo dolore in un’ira. Non era più abbandonata senza parole; era vilipesa. Ma la forza non era fatta per lei, e durò poco. Emilio giurò: il Balli non gli aveva mai parlato di Amalia in modo da far capire che credesse d’esserne amato. Ella non gli credette, ma il debolissimo dubbio ch’egli le aveva messo nell’animo le tolse la forza, e si mise a piangere: — Perchè non viene più in casa nostra?
— È un caso, — disse Emilio. — Fra giorni certo verrà.
— Non verrà! — gridò Amalia e riacquistò la violenza nella discussione. — Non mi saluta neppure.