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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:178|3|0]]stato fuori di posto, ma anche un’indifferenza troppo grande non l’avrebbe portato allo scopo.

— Mi ha perdonato, signor Emilio? — disse lei fermandosi e gli porse da stringere anche l’altra mano. L’intenzione era stata ottima e il gesto sorprendentemente originale per Angiolina.

Egli trovò: — Sa che cosa io non le perdonerò mai? Di non aver fatto alcun tentativo per riavvicinarsi a me. Tanto poco le importava di me? — Era sincero e s’accorse ch’egli cercava inutilmente di far la commedia. Forse la sincerità gli sarebbe servita meglio di qualunque finzione.

Ella si confuse un poco e, balbettando, assicurò che se egli non si fosse avvicinato, l’indomani ella gli avrebbe scritto. — Già, in fondo che cosa ho fatto? — e non ricordava d’aver chiesto scusa poco prima.

Emilio credette opportuno mostrarsi dubbioso. — Debbo crederle? — Disse poi un rimprovero: — Con un ombrellaio!

La parola li fece ridere di gusto entrambi. — Geloso! — esclamò lei stringendo la mano che continuava a tenere — geloso di quel sudicio uomo! — Infatti se egli aveva fatto bene a rompere la relazione con Angiolina, certo aveva avuto torto di cogliere a pretesto quella stupida storia con l’ombrellaio. L’ombrellaio non era il più temibile dei suoi rivali. E perciò ebbe lo strano sentimento che doveva imputare a se stesso tutti i mali che lo avevano colpito dacchè aveva abbandonata Angiolina.

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