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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:18|3|0]]istante. — Le nostre orecchie vanno molto d’accordo, — disse Emilio sorridendo.

Egli aveva detto tutto e non sentiva più alcun bisogno di parlare. Interruppe un lungo silenzio per dire: — Chissà se quest’incontro ci porterà fortuna! — Era sincero. Aveva sentito il bisogno di dubitare della propria felicità ad alta voce.

— Chissà? — replicò essa con un tentativo di rendere nella propria voce la commozione che aveva sentita nella sua. Emilio sorrise di nuovo ma di un sorriso che credette di dover celare. Date le premesse da lui fatte, che razza di fortuna poteva risultare ad Angiolina dall’averlo conosciuto?

Poi si lasciarono. Ella non volle ch’egli l’accompagnasse in città ed egli la seguì a qualche distanza non sapendo ancora staccarsene del tutto. Oh, la gentile figura! Ella camminava con la calma del suo forte organismo, sicura sul selciato coperto da una fanghiglia sdrucciolevole; quanta forza e quanta grazia unite in quelle movenze sicure come quelle di un felino.

Volle il caso che subito il giorno dopo egli risapesse sul conto dell’Angiolina ben più di quanto ella gli avesse detto.

S’imbattè in lei a mezzodì, nel Corso. La inaspettata fortuna gli fece fare un saluto giocondo, un grande gesto che portò il cappello a piccola distanza da terra; ella rispose con un lieve inchino della testa, ma corretto da un’occhiata brillante, magnifica.

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