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Un certo Sorniani, un omino giallo e magro, gran donnaiuolo, a quanto dicevasi, ma certo anche vanesio e linguacciuto a scapito del buon nome altrui e del proprio si appese al braccio d’Emilio e gli chiese come mai conoscesse quella ragazza. Erano amici fin da ragazzi ma da parecchi anni non s’erano parlati e doveva passare fra di loro una bella donna perchè il Sorniani sentisse il bisogno di avvicinarglisi.

— L’ho trovata in casa di conoscenti, — rispose Emilio.

— E che cosa fa adesso? — chiese Sorniani facendo capire di conoscere il passato d’Angiolina e d’essere veramente indignato di non conoscerne il presente.

— Non lo so, io — e aggiunse con indifferenza ben simulata: — A me fece l’impressione di una ragazza a modo.

— Adagio! — fece il Sorniani risolutamente come se avesse voluto asserire il contrario, e soltanto dopo una breve pausa si corresse: — Io non ne so nulla e quando la conobbi tutti la credevano onesta quantunque una volta si fosse trovata in una posizione alquanto equivoca. — Senza che Emilio avesse bisogno di stimolarlo più oltre, raccontò che quella poveretta era passata vicino ad una grande fortuna convertitasi poscia, per sua o per colpa altrui, in una sventura non piccola. Nella prima giovinezza aveva innamorato profondamente un certo Merighi, bellissimo uomo, — Sorniani lo riconosceva quantunque

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