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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:196|3|0]]scale gli passò accanto una donna, apparentemente una fantesca, la testa coperta da una pezzuola con la quale si celava anche parte della faccia. Egli le diede il passo, ma, quando ella volle sgattaiolare oltre, la riconobbe, insospettito prima dall’intenzione ch’ella manifestava di sfuggirgli, poi dalle movenze e alla statura. Era Angiolina. Al ritrovarla egli si sentì subito meglio e non badò al fatto ch’ella parlando di quelle vicine che l’avevano chiamata, segnasse tutt’altra direzione di quella indicata dalla madre, e neppure a quello, sorprendente, ch’ella non gli tenesse rancore perchè una volta di più egli fosse venuto in casa sua a comprometterla. Quella sera fu dolce, buona, come se avesse avuto da farsi perdonare qualche colpa, ma lui, in quella dolcezza di cui si beava, non seppe sospettare una colpa.

La sospettò soltanto allorchè ella venne vestita a quel modo anche agli appuntamenti con lui. Ella dichiarò che rincasando sul tardi dopo essere stata con lui, era stata vista da conoscenti e aveva paura d’essere colta proprio nell’istante in cui usciva da quella casa, che non godeva della migliore fama; perciò si mascherava a quel modo. Oh, ingenuità! Ella non s’accorgeva di confessargli con quella chiacchierata che anche quella sera in cui egli l’aveva trovata sulle scale di casa sua, aveva avuti dei buoni motivi per travestirsi.

Una sera ella arrivò al loro ritrovo con più di un’ora di ritardo. Acciocchè ella non avesse bisogno di bussare rischiando l’attenzione degli altri

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