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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:198|3|0]]re. Erano ragioni sufficienti a spiegare dieci ore di ritardo.

Ma Emilio non aveva più alcun dubbio: ella usciva dalle braccia di un altro e a lui balenò alla mente — unica via per salvarsi da tanta immondizia — un atto d’energia sovrumana. Non doveva entrare in quel letto; doveva respingerla subito e non rivederla mai più. Ma egli ora sapeva che cosa significasse mai più: Un dolore, un rimpianto continuo, delle ore interminabili d’agitazione, altre di sogni dolorosi e poi d’inerzia, il vuoto, la morte della fantasia e del desiderio, uno stato più doloroso di qualunque altro. Ne ebbe paura. L’attirò a sè e, per unica vendetta, le disse: — Io non valgo mica molto più di te.

Fu lei allora a ribellarsi e, svincolandosi, disse decisa: — Non ho mai permesso a nessuno di trattarmi così. Io me ne vado. — Volle riprendere la pezzuola ma egli glielo impedì. La baciò e l’abbracciò pregandola di restare; non ebbe la vigliaccheria di rinnegare le sue parole con una dichiarazione, ma vedendola tanto decisa, egli, ch’era ancora sconvolto solo per aver pensata quella risoluzione, l’ammirò. Sentendosi perfettamente riabilitata ella cedette. Per gradi però. Restò dichiarando che sarebbe stata l’ultima volta che si sarebbero visti e, soltanto al momento di dividersi, acconsentì a stabilire come al solito il giorno e l’ora del prossimo appuntamento. Sentendosi appieno vittoriosa ella non aveva ricordato più l’origine della disputa e non aveva tentato di farlo ricredere.

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