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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:21|3|0]]il quale aveva finito col dover liquidare la sua azienda in condizioni disastrose. Il Sorniani perciò parlava al vento perchè Emilio ora credeva di poter conoscere con esattezza l’accaduto. Al Merighi impoverito e sfiduciato era mancato il coraggio di fondare una nuova famiglia e così Angiolina, che doveva diventare la donna borghese ricca e seria, finiva nelle sue mani, un giocattolo. Ne sentì una profonda compassione.

Il Sorniani aveva assistito egli stesso a delle manifestazioni d’amore del Merighi. Lo aveva visto, parecchie volte, di domenica, sulla soglia della chiesa di Sant’Antonio Vecchio, attendere lungamente che ella avesse fatte le sue preghiere inginocchiata presso all’altare, tutt’assorto a guardare quella testa bionda, lucente anche nella penombra.

— Due adorazioni — pensò commosso il Brentani cui era già facile d’intuire la tenerezza dalla quale il Merighi era inchiodato sulla soglia di quella chiesa.

— Un imbecille — concluse il Sorniani.

L’importanza dell’avventura crebbe agli occhi d’Emilio per le comunicazioni del Sorniani. L’attesa del giovedì in cui doveva rivederla divenne febbrile, e l’impazienza lo rese ciarliero.

Il suo più intimo amico, un certo Balli, scultore, seppe dell’incontro subito il giorno dopo ch’era avvenuto. — Perchè non potrei divertirmi un poco

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