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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:235|3|0]]tere tante cose in ordine. — Dio mio! Tutto è sudicio qui. Io me n’ero accorta ma tu ci sei voluto venire. Ed ora? Non andiamo?

Egli cercò di calmarla secondandola. L’accarezzò, dicendole che non vedeva che tutto fosse tanto sudicio, e che ora che si trovavano in quella casa sarebbe stato meglio di rimanerci.

Amalia udì quello che egli disse ma udì anche delle parole ch’egli non aveva dette; poi disse: — Se tu vuoi, io devo far così. Restiamo, ma... tanto sudiciume... — Le colarono due sole lagrime dagli occhi fino allora asciutti; rotolarono come due perle sulle guance infocate.

Poco dopo dimenticò quel dolore ma il delirio glie ne creò di nuovi. Era stata in pescheria e non vi aveva trovato pesce: — Non capisco! Perchè tengono la pescheria se non ci hanno del pesce? Fanno camminare tanto, tanto, con questo freddo. L’avevano spedito via tutto e non c’era più del pesce per loro. Tutto quel dolore e l’affanno parevano provocati da tale fatto. Le sue parole fievoli e rese ritmiche dall’affanno erano sempre interrotte da qualche suono d’angoscia.

Egli non l’ascoltava più: bisognava uscire in qualche modo da quella situazione, bisognava trovare la maniera di chiamare un medico, Tutte le idee suggeritegli dalla disperazione furono da lui esaminate come se fosse stato possibile di metterle in atto. Guardò intorno a sè per trovare una corda onde legare l’ammalata al letto e poter lasciarla sola; fece

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