Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 237 — |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:241|3|0]]posto. Gli pareva di non aver ancora terminato; non si dava per vinto, e cercava una frase per commuovere l’amico. Ne trovò una che fece rabbrividire lui stesso: — Pazza o moribonda! — Oh, la morte! Era la prima volta ch’egli immaginava Amalia morta, scomparsa ed egli che allora allora aveva appreso di non amare più Angiolina, si vedeva solo, desolato dal rimpianto di non aver saputo approfittare della felicità, che fino a quel giorno era stata a sua disposizione, di dedicare la propria vita a qualcuno che aveva bisogno di tutela e di sacrificio. Con Amalia spariva dalla sua vita ogni speranza di dolcezza. Disse con voce profonda: — Non so se provo maggior dolore o rimorso.
Guardò il Balli per vedere se fosse stato compreso. Sulla faccia di Stefano s’impresse una meraviglia sincera: — Rimorso? — Aveva sempre creduto che Emilio fosse il modello dei fratelli, e lo disse. Ricordò però che Amalia era stata un po’ trascurata in causa d’Angiolina e aggiunse: — Certo è che non valeva la pena che tu ti occupassi tanto di una donna quale è Angiolina; ma sono sventure che capitano... — Il Balli aveva capito Emilio tanto poco che dichiarò di non comprendere perchè perdessero tanto tempo. Bisognava correre dal Carini e non disperare prima di sapere quello che avrebbe detto lui dello stato di Amalia. Poteva essere anche che i sintomi che spaventavano i profani impressionassero poco il medico.
Era la speranza, ed Emilio vi si abbandonò tutto.