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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:263|3|0]]proveri. Non l’amava più, ma non amava nient’altro a questo mondo.

Col cappello in mano andò al letto d’Amalia. Ella lo guardò lungamente: — Vieni a pranzo? — gli chiese. Poi cercò di guardare dietro di lui e gli chiese di nuovo: — Siete venuti a pranzo? — Ella cercava sempre il Balli.

Salutò la signora Elena. Ebbe un’ultima esitazione. Il destino s’era sempre compiaciuto di mettere bizzarramente la sventura d’Amalia accanto al suo amore per Angiolina; non poteva perciò succedere che la sorella morisse proprio quando egli si trovava per l’ultima volta con l’amante? Ritornò a quel letto e nella poveretta trovò l’immagine stessa dell’angoscia. S’era abbattuta su un fianco e teneva la testa fuori del guanciale, fuori del letto. Invano quella testa, dai pochi capelli umidi e arruffati, cercava un punto dove posare. Era evidente che quello stato poteva precorrere immediatamente l’agonia; tuttavia Emilio la lasciò ed uscì.

Aveva risposto alle nuove raccomandazioni del Balli con un nuovo sorriso. L’aria rigida della sera lo scosse, lo refrigerò fino in fondo all’anima. Lui usare delle violenze ad Angiolina! Perchè era lei la causa della morte d’Amalia? Ma quella colpa non poteva esserle rimproverata. Oh, il male avveniva, non veniva commesso. Un essere intelligente non poteva essere violento perchè non v’era posto a odii. Per l’antica abitudine di ripiegarsi su se stesso e analizzarsi, gli venne il sospetto che forse il suo stato

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