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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:272|3|0]]cerca di immagini e di traslati. Gli capitò di nuovo il desiderio di fare qualche cosa e disse al Balli che lo lasciava libero, ringraziandolo per l’assistenza che gli aveva prestata.

Ma il Balli, che non s’era neppure pensato di chiedergli come fosse andato il congedo da Angiolina, lo trasse in disparte per dirgli ch’egli non voleva andarsene. Pareva imbarazzato e triste. Aveva da dire ancora qualche cosa, e gli pareva tanto delicata che non osò senza un esordio di preparazione. Essi erano amici da molti anni e tutto il male che poteva toccare ad Emilio, egli lo sentiva come proprio. Poi, deciso, disse: — Quella poveretta mi nomina molto spesso; io resto. — Emilio gli strinse la mano senza provare una grande riconoscenza; già ora — egli ne era tanto certo da attingervi una grande tranquillità — per Amalia non v’era più alcun rimedio.

Gli raccontarono che da qualche minuto Amalia parlava continuamente della sua malattia. Non poteva questo essere un indizio che la febbre fosse diminuita? Egli stette a udire, ben convinto che s’ingannavano. Infatti ella delirò: — Mia colpa se sto male? Torni domani, dottore, e starò bene. — Non sembrava ch’ella soffrisse; aveva la faccia piccola, misera, oramai proprio la faccia appropriata a quel corpo. Sempre guardandola egli pensò: — Ella morrà! — Se la figurò morta, quietata, priva d’affanno e di delirio. Ebbe dolore di aver avuta quell’idea poco affettuosa. S’allontanò un poco dal letto e s’assise al tavolo, ove s’era posto anche il Balli.

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