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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:274|3|0]]Amalia! Io sono qui e non crederei niente se mi fosse detto del male sul conto suo.
Ella lo udì e lo considerò lungamente: — Tu Stefano? — Non lo riconobbe: — Glielo dica allora! — Spossata lasciò ricadere la testa sul guanciale e, per l’esperienza fattane, tutti sapevano che, per allora, l’episodio era chiuso.
La signora Elena, durante quella sosta, spinse la propria sedia verso il tavolo al quale sedevano i due uomini e pregò Emilio, ch’ella vedeva affranto, di andare a coricarsi. Egli rifiutò, ma queste parole avviarono fra i tre infermieri una conversazione che riuscì, per qualche istante, a distrarli.
La signora Chierici, cui il Balli con la sua indiscreta curiosità aveva fatte delle domande, raccontò che quando Emilio s’era imbattuto in lei, ella stava andando a messa. Ora — disse — le pareva d’essere in chiesa dalla mattina e provava il medesimo alleggerimento di coscienza di chi ha pregato con fervore. Lo disse senz’esitazione col tono del credente che non teme i dubbi altrui.
Poi raccontò una storia strana, la propria: fino all’età di quarant’anni ella era vissuta senz’affetti avendo perduti, giovanissima, i genitori; senz’affetti le erano trascorsi i giorni solitari e sereni. A quell’età s’era imbattuta in un vedovo, che la sposò per dare una madre al figlio e alla figlia che aveva di primo letto. Da bel principio i due fanciulli le fecero cipiglio ma ella nondimeno sentiva di voler loro tanto bene ch’era sicura di finire col farsene amare. Si