Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 275 — |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:279|3|0]]di liquido trasparente. L’odore del liquido non lasciò luogo a dubbi; doveva essere dell’etere profumato. Il dottor Carini aveva avuto ragione: Amalia aveva cercato l’oblio nell’ebrietà. Non ebbe del rancore verso la sorella neppure per un attimo perchè la conclusione a cui corse subito la sua mente fu una sola: Amalia era perduta. Quella scoperta valse perciò a ricondurlo finalmente a lei.
Richiuse accuratamente l’armadio. Non aveva saputo tutelare la vita della sorella; avrebbe ora tentato di conservarne intatta la riputazione.
L’aurora s’avanzava fosca, esitante, triste. Sbiancava la finestra ma lasciava intatta la notte nell’interno della stanza. Parve che un raggio solo vi penetrasse, perchè sui cristalli sul tavolo, la luce del giorno si franse colorandovisi, azzurrina e verde, fine e mite. Sulla via soffiava ancora il vento, cogli stessi suoni regolari, trionfali, che aveva avuti quando Emilio aveva abbandonato Angiolina.
Nella stanza invece v’era una grande quiete. Da parecchie ore il delirio di Amalia non si traduceva che in parole mozze. S’era quietata sul fianco destro, la faccia vicinissima alla parete, gli occhi sempre aperti.
Il Balli andò a riposare nella stanza di Emilio. Aveva pregato di non lasciarlo dormire più di un’ora.
Emilio s’assise di nuovo al tavolo. Si scosse terrorizzato: Amalia non respirava più. Anche la signora Elena se n’era accorta e si era rizzata. L’ammalata guardava sempre con gli occhi spalancati la