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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:48|3|0]]un paese vario d’alberi, di fiori, di colli. Era un piccolo tratto e si ridiscendeva poi a valle, alla facile via piana e sicura, resa meno tediosa dal ricordo di quell’intervallo incantevole, colorito, fors’anche faticoso.
Un giorno ella lo avvisò che doveva andare a lavorare presso una famiglia di conoscenti, certi Deluigi. La signora Deluigi era una buona donna; aveva una figlia ch’era amica d’Angiolina, un vecchio marito, e in casa non c’erano giovanotti; tutti volevano un gran bene ad Angiolina in quella casa. — Ci vado molto volentieri, perchè là passo le giornate meglio che non in casa mia. — Emilio non ebbe niente da ridirci, e si rassegnò anche a vederla, di sera, meno spesso. Ella ritornava tardi dal lavoro e non valeva più la pena di trovarsi.
Perciò egli ebbe ora delle sere che potè dedicare all’amico e alla sorella. Ancora sempre egli tentava d’ingannarli — come ingannava se stesso — sull’importanza della sua avventura, ed era persino capace di voler far credere al Balli d’essere lieto che Angiolina qualche sera fosse occupata per non averla, dopo tutto, vicina ogni giorno. Il Balli lo faceva arrossire guardandolo con occhio scrutatore, ed Emilio, non sapendo dove celare la sua passione, derideva Angiolina, riferiva certe osservazioni esatte che andava facendo su lei e che veramente non attenuavano affatto la sua tenerezza. Ne rideva con sufficiente disinvoltura, ma il Balli, che lo conosceva e