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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Svevo - Senilità, 1927.djvu{{padleft:55|3|0]]gna d’acqua e venne ora a scuoterli, a toglierli dal sogno che un istante felice aveva loro concesso. Ella fu presa da una grande paura di bagnarsi il vestito, e si mise a correre dopo di aver rifiutato il braccio di Emilio; aveva bisogno di ambe le mani per tener l’ombrello contro il vento. Nella lotta col vento e con la pioggia, ella s’adirò e non volle neppur precisare quando si sarebbero rivisti: — Adesso intanto badiamo d’arrivare a casa.

La vide salire in un carrozzone della tramvia e, dall’oscurità dove rimase, scorse nella luce gialla la bella faccia imbronciata, i dolci occhi intenti a verificare i guasti fatti dall’acqua al suo vestito.


IV.

Spesso, nella loro relazione, si ripeterono quegli scrosci di pioggia che lo strappavano all’incanto cui egli con tanta voluttà si abbandonava.

Di buon’ora, il giorno appresso, andò da Angiolina. Non sapeva neppur lui se ci andava a vendicarsi con qualche frase pungente del modo con cui ella l’aveva lasciato la sera innanzi, oppure a riavere intero, al colore di quel viso, il sentimento che nella notte era stato minato in lui da una dolorosa riflessione e del quale, — lo apprendeva all’ansietà

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