< Pagina:Svevo - Una vita, 1938.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

Veniva sempre ricevuto in quel tinello perché c’era la stufa e là ogni oggetto gli ricordava i desideri e le soddisfazioni avute. Quella confusione di mobili diversi, ogni singolo oggetto, quei mobili grevi e comodi, erano indissolubilmente legati alle sue sensazioni, gli parevano parte di Annetta o specchi che ridavano sempre la sua figura. Quando lo si faceva attendere, lungamente solo in quel tinello, si cullava in tali sensazioni e divenivano tanto forti, la vicinanza di Annetta tanto sensibile, che se costei improvvisamente fosse entrata, l’avrebbe presa fra le braccia e trattata come cosa propria, dicendole una sola parola che gli sembrava che tutto dovesse spiegare e giustificare. Veniva invece prima Francesca e trovava Alfonso confuso, inceppato dalla parola che aveva preparata e che doveva rimanergli nella strozza. 

Una sera venne Francesca e lo avvisò che Annetta era stata costretta ad accompagnare il padre da certi parenti. Non lo avevano potuto rendere avvisato in tempo, gli disse Francesca con un sorriso malizioso, ma lo pregava di rimanere perché ella gli poteva tenere compagnia. Alfonso non seppe reggere a tale disillusione. Stette lí impalato per un quarto d’ora a rispondere a monosillabi alle domande che la signorina aveva la bontà di fargli, poi, per levarsi dalla noia di dover fingere, se ne andò dicendo ch’era venuto soltanto per scusarsi che doveva mancare per quella sera perché indisposto. Francesca lo salutò con un inchino ironico ma benevolo. 

Per l’impazienza il contegno di Alfonso perdette la correttezza che Annetta fino ad allora aveva amato in lui, e se non se ne adirò subito fu perché ogni sua sconvenienza veniva spiegata e scusata da sofferenze visibili. Quando Francesca soltanto si avvicinava ad una finestra per guardare sulla via egli improvvisamente diventava attivo, energico, mentre fino ad allora era rimasto ripiegato su se stesso, sui propri sogni e desiderî, assente del tutto. Le diceva la parola d’amore con una mezza voce che conservava le inflessioni del grido, un grido melodrammatico, rotto. 

Agli occhi di Annetta il suo maggior delitto fu di non saper conservare immutato il suo contegno con i terzi.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.