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telligente e ricca. Mutava il padre, non facendolo risuscitare, in un nobile e ricco che per amore aveva sposato la madre, la quale anche nel sogno lasciava quale era, tanto le voleva bene. Il padre aveva quasi del tutto dimenticato e ne approfittava per procurarsi per mezzo suo il sangue turchino di cui il suo sogno abbisognava. Con questo sangue nelle vene e con quelle ricchezze si imbatteva in Maller, in Sanneo, in Cellani; naturalmente le parti del tutto invertite. Non era piú lui il timido, erano costoro! Ma egli li trattava con dolcezza, davvero nobilmente, non come essi trattavano lui. 

Santo lo avvertí che il signor Maller chiedeva di lui. Sorpreso ed anche alquanto allarmato, Alfonso ritornò nella stanza ove era stato poco prima. Ora era completamente illuminata; la luce densa faceva brillare la testa nuda del principale e la sua barba rossa. 

Era seduto e poggiato con ambedue le mani sul tavolo. 

— Ho piacere di vedere ch’ella è ancora qui; ciò mi dà prova della sua diligenza, della quale del resto non avevo mai dubitato. 

Alfonso, rammentando la sfuriata ricevuta poco prima da Sanneo, lo guardò temendo che parlasse ironicamente, ma la faccia rosea del principale era atteggiata a serietà; gli occhi azzurri guardavano il canto piú lontano del tavolo. 

— Grazie! — mormorò Alfonso. 

— Mi obbligherà venendo da me domani a sera a prendere il tè. 

— Grazie! — ripeté Alfonso. 

Tutt’ad un tratto Maller, quasi avesse penato risolversi, parlò con meno noncuranza e guardandolo: 

— Perché fa disperare sua madre scrivendole che è malcontento di me e io di lei? Non si sorprenda! Lo so da una lettera scritta da sua madre alla signorina. La buona signora si lagna di me, ma di lei anche e non poco. Legga per accertarsene! 

Gli porse una carta che Alfonso riconobbe derivante dalla bottega del Creglingi. Vi gettò un’occhiata ed erano proprio i cari caratteri della madre. Arrossí; si vergognava di

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