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Questo risultato voluto doveva essere il matrimonio; era l’unico sottinteso e quello per nessuna ragione necessario. 

— Annetta dice... — continuò Francesca e già da quest’esordio si comprendeva che alle comunicazioni ch’era stata incaricata di fare avrebbe fatto seguire le proprie considerazioni e i propri consigli. Era evidente che Francesca aveva riflettuto a tutto quanto voleva dirgli e se dopo dimostrò sorprese e dubbî ciò avvenne perché il contegno di Alfonso fu troppo differente da quanto ella avesse potuto prevedere. 

Annetta semplicemente gli faceva ripetere quanto già gli aveva scritto. Non voleva ch’egli avesse a subire degli affronti, voleva che si allontanasse per qualche tempo dalla città acciocché ritornando trovasse tutto regolato. Di nuovo soltanto c’era la comunicazione, ch’ella aveva avuto l’opportunità di parlare con Cellani e che sarebbe stato costui che gli avrebbe dato il chiesto permesso. 

Francesca s’interruppe accorgendosi del mutismo di Alfonso ch’ella interpretò con la sua consueta rapidità: 

— A lei questo piano dispiace? — e con soddisfazione calma aggiunse: — Oh! io lo prevedevo! 

— No! non mi dispiace! — fece Alfonso esitante. Quello che maggiormente lo impensieriva era la paura che Francesca potesse comprendere ch’egli non dedicava alla questione l’interesse che avrebbe dovuto. Con voce che volle sembrasse addolorata aggiunse: — E sarà duro per la signorina Annetta di fare i passi di cui ella qui mi parla? 

— Perché? 

— Oh bella! può avere a udire qualche brutta parola! 

S’era adirato, perché nulla è piú irritante che non venir subito compreso quando si finge. 

— Ad Annetta non può importare nulla di una parola dura ricevendola per una questione che ha per essa un’enorme importanza, quantunque a lei signor Alfonso pare non sembri cosí! 

La sua voce si prestava molto bene all’ironia. Egli sentiva ch’ella era molto lontana dal sospettare quanto con quel rimprovero si apponesse al vero, ma l’ironia l’offendeva istesso.

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