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la parte che i Nitti avevano completamente abbandonata doveva essere per lui la piú utile: — Nelle mani di costoro, — aveva detto a Giuseppina, — questo era un capitale morto. — Ciarlava volontieri dei suoi piani come tutti gli uomini intraprendenti. 

Alfonso venne quasi cacciato dalla casa. Alla mattina alle quattro lo svegliò il Faldelli in persona e lo avvisò che gli avrebbe permesso di continuare a dormire e che veniva soltanto a chiedergli di poter accatastare in quella camera tutti i mobili che c’erano nella casa. Alfonso si alzò e prima di recarsi alla stazione stette per una mezz’ora a guardare gli operai che trasportavano in quella camera dei mobili ch’egli neppure rammentava che piú esistessero. 

— La vuole lei? — chiese Faldelli porgendogli una pipa lunga, di legno, con una testa di schiuma. 

Egli la riconobbe. Il padre non l’aveva usata negli ultimi anni di sua vita e perciò era un ricordo dei piú begli anni, quando in casa i genitori avevano avuto la salute e lui la prima gioventú. Non l’accettò per superbia, ma volle mostrarsi riconoscente a Faldelli e si congedò da lui stringendogli affettuosamente la mano. L’altro fu gentile ma distrattamente, e tutto ad un tratto lo abbandonò per lanciare una bestemmia e un calcio a un contadino che movendo il tavolo aveva rotto una lastra della porta. Alfonso sorrise vedendo che quando Faldelli si stendeva tutti i vestiti gli divenivano troppo corti; abitualmente vi si teneva raggrinzito. 

Durante il viaggio Alfonso rimase sempre solo nella sua terza classe. 

Ad una stazione intermedia udí delle voci di persone che litigavano. Guardò dallo sportello e vide un individuo vestito molto male che con un solo balzo usciva da un carrozzone. Ne era stato gettato fuori, e il conduttore raccontò ad Alfonso che non aveva pagato il passaggio e che per bontà non lo si era fatto arrestare. 

Quando il treno si mosse, il povero diavolo era ancora al medesimo posto pulendo con la manica il cappello logoro che nel salto gli era caduto a terra. Guardava dietro

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