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alzò gli occhi e girò intorno la faccia per farla vedere sorridente e smentire Gustavo, ma il sorriso non le riuscí; scoppiò in pianto, si nascose il volto nella pezzuola e, non bastandole, per sottrarsi agli sguardi di tutti uscí lentamente, singhiozzando con violenza. Inutilmente il vecchio Lanucci le gridò dietro di non muoversi dal tavolo mentre si cenava perché era un disordine ch’egli non voleva tollerare. Il disordine gli dispiaceva specialmente perché egli non poteva moversi; per un’esagerazione della cura prescrittagli dal medico, onde guarire piú presto, quando era alzato, si faceva fasciare le gambe in coperte pesanti. 

— È sempre per quella storia di Gralli, — disse la Lanucci con la voce soffocata da lagrime rattenute. — Capirà che una ragazza non può mica sopportare a sangue freddo di esser lasciata a quel modo, senza ragione, perché è certo ch’ella, poveretta, non gliene diede alcuna. Gli voleva bene. 

— Avevo offerto di andare a rompere la testa a quell’omiciattolo ma essi me lo proibirono, — gridò Gustavo. Voleva dimostrare che non rimaneva passivo dinanzi alla disgrazia della sorella. 

— No! — disse la signora Lanucci, — atti estremi no! Può ancora pentirsi di averla abbandonata, e finché non vi sono state delle brutalità tutto ancora può regolarsi. 

Ad Alfonso spiegò, che, quantunque a lei da principio Gralli non fosse piaciuto, doveva ora dividere le speranze di Lucia perché dalla sua tristezza comprendeva che n’era innamorata. 

In seguito a proposta del vecchio non ne parlarono piú, ma non parlarono neppure d’altro. 

Il Lanucci fu il primo a ritirarsi, e mentre camminava, lentamente, appoggiato al braccio della moglie, si lagnava di varî dolori, ma la sua compagna non li sentiva e impaziente lo costringeva a andare innanzi quando si capiva ch’egli avrebbe voluto fermarsi a prender fiato. 

Affaticato prima dal viaggio e poi dal lavoro e dalle agitazioni della giornata, fu una vera felicità per Alfonso potersi stendere nel suo letto. Spense in fretta il lume e si

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