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se il medesimo. Egli non sapeva essere grato a Macario che tanto presto, senza motivo, cosí doveva supporre, gli toglieva la sua amicizia. 

Quel giorno si sentí meno felice del solito alla banca; dovette lottare per rimanere quieto al suo lavoro che gli ripugnava. Il desiderio di poter vendicarsi di Macario gli faceva fare dei sogni strani. Immaginava lo stato in cui si sarebbe trovato se l’idillio incominciato con Annetta avesse avuto altro esito. Certo in quel caso Macario avrebbe dovuto trattarlo da pari a pari, e per quell’istante gli parve una felicità inapprezzabile. 


XIX


Fu una serata agitatissima. Arrivato a casa, Alfonso non si accorse subito che ai Lanucci doveva essere accaduto qualche cosa di grave; era troppo preoccupato per proprio conto. Nel tinello non c’erano né Lucia, né Gustavo e la signora Lanucci sedeva perduta in riflessioni e gli occhi rossi dal pianto, distante dal tavolo, su una sedia che non si capiva perché fosse stata messa a quel posto. Unico al suo posto solito era il vecchio Lanucci con le gambe fasciate da coperte. 

Dovette loro rivolgere la sua attenzione, visto che non parlavano e non rispondevano alle sue domande, e impazientito chiese: 

— Si potrebbe sapere che cosa vi è accaduto? 

Gli costava un grande sforzo distrarsi dai propri pensieri. 

Parve che la Lanucci non volesse rispondere, ma quando vi si risolse in poche parole disse molto: 

— Oh! piccolezze! Finora si soffriva in casa nostra soltanto di miseria, ora vi si aggiunge anche il disonore. — Il vecchio protestò imponendole di tacere, ma ella gridò ch’era cosa che prima o poi tutti avrebbero saputo e che tanto meno si poteva pensare di celarlo ad Alfonso. Crudamente aggiunse: — Divento nonna! 

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