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— Si potrebbe udire una di queste canzonette? — chiese Macario. 

— Perché no? — e si alzò. — Vuoi accompagnarmi? Via, su! Macario è tanto noioso questa sera ch’è il miglior mezzo di passare il tempo, credo. 

— Questo toccherà di giudicare a noi — rispose impertinente Macario. — Non le pare? 

Alfonso sorrise con sforzo. La tensione continua per apparire disinvolto lo stancava. Se avesse trovato il modo acconcio se ne sarebbe andato subito. 

Francesca, seduta al piano, aveva preso sulle ginocchia un fascio di musica e diceva ad Annetta dei titoli di pezzi. Annetta rifiutava con un gesto del capo. Si teneva sulla guancia una mano in atto di riflessione. Finalmente con uno scoppio di risa gridò: 

— Quello! Quello! 

Dopo alcuni accordi d’introduzione, la signorina passò ad un accompagnamento rudimentale ma vivace. 

Con la sua voce dolce, soda, Annetta si mise a cantare e a grande sorpresa di Alfonso principiò a saltellare sul posto, in tempo, fingendo di correre. Francesca rideva sgangheratamente, rideva Macario e non seppe trattenersi neppure la cantatrice stessa con grave danno della canzone che ne risultava qua e là mozza. Riacquistò ben presto la serietà e anche Macario divenne molto serio; in quanto ad Alfonso non aveva riso che per fare come gli altri. 

Cantando, Annetta fingeva di essere stanca, incrociava le braccia sul petto per correre meglio, evitava un ostacolo che abilmente faceva supporre, chiedeva scusa ad una persona che correndo aveva urtata. 

Alfonso sapeva il francese ma non avendoci abituato l’orecchio difficilmente comprendeva. Macario, guardando sempre Annetta con lo sguardo fiso e parlando a frasi staccate per disturbare meno il canto, gli disse: 

— È canzone cantata da un uomo... un uomo che corre dietro ad un omnibus. — S’interruppe e con ammirazione mormorò: — Fatta divinamente!

Annetta era ora realmente stanca: correva sempre, ma

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