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sue cognizioni, ma non ne ebbe il coraggio; sarebbe stato vergognoso di mostrarsi esitante ad accettare un lavoro tanto facile. In pochi minuti Sanneo gli mise in mano una quindicina di lettere con poche parole di spiegazione per ciascuna. Parlò di stornare, di mettere in deposito, di tenere in sospeso, tutti termini di cui il senso era ancor poco chiaro ad Alfonso.

Compilò con facilità la risposta a due o tre lettere, quelle consegnategli ultime da Sanneo, delle quali rammentava ancora le spiegazioni avute; non gli sarebbe riuscito di rispondere alle altre senza l’aiuto di White. 

— A chi darà poi il resto del lavoro di Miceni? — chiese White con sorpresa dopo di aver dato ad Alfonso con grande gentilezza una vera lezione di scritturazioni bancarie: — qui mancano ancora gli affari di borsa e poi quelle cinque o sei lettere di polemica; in questa corrispondenza ce ne sono ogni giorno anche piú. È capacissimo di fare tutto lui.

Infatti uscendo dalla banca alla sera tardi, Alfonso vide la stanza di Sanneo ancora illuminata e proiettarsi sulle lastre la figura del capo corrispondente, sottile, china al tavolo. 

White accompagnò Alfonso alla cassa per dare l’avviso di una tratta. Era una stanzetta dimezzata da una leggera parete di legno dietro alla quale sedeva al suo tavolo, leggendo un giornale, il signor Jassy, un vecchio dal volto coperto da numerose pustolette che non ci avevano lasciato che radi i peli bianchicci. 

Su un foglio rigato che White gli porse, Alfonso notò gli estremi della tratta; lo consegnò poi a Jassy che lo pose accanto al giornale senza dir parola. 

Giusto allora si presentò un giovinetto allo sportello e presentò una cambiale. Jassy prese il foglio degli avvisi, lo guardò, guardò la cambiale, poi, sempre immobile, con voce di lamento gridò: 

— È proprio questa, avvisata in quest’istante, ma perché non la fate segnare in tempo dal signor Cellani? Qui non c’è adesso nessuno che possa muoversi dalla cassa e intanto la gente aspetta.

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