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plicemente che per quella sera non avrebbe preso lezione. 

— Perché? — chiese Alfonso corrugando le sopracciglia. Non rideva lui; era sorpreso poco aggradevolmente. 

— Vogliamo stare insieme e ridere e non studiare, — rispose Lucia coraggiosamente. 

— Non sarebbe meglio cessare del tutto queste lezioni che non troppo sembrano piacerle? 

Lucia impallidí subito spaventata. La madre le venne in aiuto e spiegò ad Alfonso che la fanciulla non avendo trovato il tempo necessario per studiare, non prendeva quella sera lezione proprio allo scopo di non dover procedere oltre prima di essersi resa padrona di quanto già avevano passato insieme. Poi anch’egli si divertí quella sera piú che se fosse rimasto a studiare con Lucia. Ciarlò molto e venne ascoltato religiosamente. 

La lezione seguente fu piú brutale del solito e giunse fino a darle dell’ignorante. Aveva lasciato alla giovinetta mezz’ora di tempo per dare una risposta che non voleva venire e faceva come se gli sembrasse un delitto che in tale intervallo ella non sapesse raccapezzarsi; dimenticava che donde non c’era non si poteva levar sangue. Egli dichiarò, non trovando altre frasi pungenti, ch’era ora di sospendere quelle lezioni che non portavano alcun risultato e si alzò in piedi per sospendere intanto quella. La ragazza fino ad allora non s’era arrischiata di dichiarare nettamente che quello che non sapeva non poteva dire. Guardava il soffitto a cercarvi la risposta, emetteva dei suoni d’impazienza per diminuire quella d’Alfonso e aveva un sorriso affettato ma forzato tanto che chiedeva compassione. Alla dichiarazione esplicita di Alfonso, ella scoppiò in pianto dirotto, si alzò, uscí chiudendo con violenza la porta e si gettò fra le braccia della madre ch’era sola in tinello. Alfonso fu spaventato dell’effetto che aveva prodotto e volentieri l’avrebbe fermata per chiederle scusa. 

La seguí e venne colpito da uno sguardo d’ira intensa lanciato verso la sua stanza dalla signora Lanucci che teneva stretta al seno la fanciulla tanto oppressa dai sin-

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