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i. u. tarchetti. vii

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tarchetti - Disjecta, 1879.djvu{{padleft:19|3|0]]templano la natura; io darei tutta la mia vita per una sola delle loro giornate!» — E questo non è il solito retorismo degli elegiaci, che fanno il mestiere, non è il solito piagnisteo dei giovanetti addolorati a diciotto anni; questo è grido di anima che si rompe, queste sono fibre di cuore, che mette sangue.

Il povero Tarchetti era destinato a sentire la vita, a comprenderla tutta; ad amarla nelle sue ebbrezze, a sfidarla nelle sue lotte, a ricercarla nelle sue pieghe più difficili, ne’ suoi meandri più intricati: soldato, l’ingegno e l’anima elettissimi gli morivano dentro, gli si atrofizzavano.

All’aperto! all’aperto! — e quando ei potè vedere il sole e contemplare la natura, quando in se stesso potè studiare gli uomini e la vita e quando questa sentì fluire larga, calda, abbondevole per tutte le vene non fu miracolo se il primo passo, ch’ei fece su la via, che poi dovè correre con tanta lena, non fu miracolo ripeto

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