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Paolina confusa, ma rincorata da questo linguaggio, incominciò con quella sua voce gentile il racconto che noi conosciamo, accompagnandolo col suo gesto delicato e pudico; e dapprima, esitando, poi con lentezza, poi animandosi, e finalmente cogli occhi pieni di lacrime che parevano ad ogni istante traboccare, e che la vergogna le tratteneva sulle ciglia, come quelle goccie di rugiada tremolanti intatte sopra la corolla d’un fiore agitato dal vento, senza scomporsi o cadere.
— Povero giovine! disse il marchese quando Paolina ebbe finito, povero giovine! egli è molto crudele il dover soffrire una punizione inflittaci ingiustamente; ma giova almeno ad alleviarla la coscienza di non averla meritata. Or se io avessi saputo tutto ciò prima d’ora!...
— Sarebbe già libero? interruppe Paolina, come per trarre da questa supposizione una certezza pel presente.
— Non vi ha luogo a dubitarne, replicò il marchese con un sorriso che pareva compatire l’incredulità della fanciulla, ma giacchè non si è potuto far prima, lo faremo almeno subito, oggi stesso, e se occorrerà al mio amico il presidente di redigere per ciò qualche atto, non lascieremo passar tutto il domani.
Paolina non rispose, ma rivolse al suo finto benefattore uno sguardo che significava l’impotenza della parola ad esprimere la sua gratitudine. Infatti ella non avrebbe potuto articolare un accento: era una gioia troppo opprimente, una felicità pianta, perduta e ritornata più fulgida dopo la disperanza; un sogno di tutta la vita in un istante inter-