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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tarchetti - Paolina, 1875.djvu{{padleft:147|3|0]] avvicinandosi alla finestra, ne schiuse le imposte, e un raggio di sole illuminò improvvisamente quella camera d’una luce viva e festante.
Paolina rivolse gli occhi alla finestra, guardò il cielo e sorrise tristamente, poi il suo volto si dipinse d’una mestizia profonda, di una tristezza ineffabile; il suo sguardo rimase vitreo e immobile, ogni sua fattezza come irrigidita, pareva che un pensiero fisso, assoluto, dominante si fosse concentrato nell’anima sua paralizzandovi ogni altro sentimento; così assorta in sè stessa, senza contrazione e senza singhiozzo, ella meditava e piangeva. Marianna rimase immobile a contemplarla: la povera fanciulla non osava interrompere quel silenzio, tremava di conoscere più che non avesse temuto, e quando l’inferma si riscosse da quella meditazione, essa le chiese con un suono di voce esile e tremante che tradiva l’esitanza e lo sconforto della sua domanda: che avete Paolina?
— Nulla, rispose la fanciulla sorridendo di quel suo sorriso malinconico e asciugando con una specie d’indifferenza le lacrime, nulla; guardava il cielo: vedete com’esso è bello, che magnifico sereno, che azzurro limpido e vivo!... e quei cirri leggieri e sottili simili ad un velo di seta increspato, e quella luna pallida e senza luce come il viso scolorito d’una bella fanciulla morta o malata.... ma che fa la luna a quest’ora? perchè tramonta così presto?
— Dite anzi che si leva troppo per tempo, disse Marianna.
— Non so, rispose Paolina, ma certamente ella non avrà