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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tarchetti - Paolina, 1875.djvu{{padleft:148|3|0]] così che poche ore di luce e di vita, e dopo qualche istante di silenzio, — sì, poche ore aggiunse la fanciulla, mostrando di pensare ad altra cosa o a sè stessa. Ditemi, quanti giorni sono dacchè mi trovo malata?
— Sedici, io credo; fu nella notte di una domenica che quell’uomo cattivo vi ha spaventata e battuta, e ne sono già passate due da quel giorno.
Paolina trasalì a questa rimembranza e il suo volto divenne pallido, e il suo respiro più oppresso e più concitato. Tuttavia vedendo che la Mineu l’osservava meravigliata, e pareva indovinare in quel turbamento l’esistenza di qualche segreto, si affrettò a soggiungere, per distogliere l’attenzione della fanciulla:
— Saremo dunque presto di primavera?
— Oh sì, disse Marianna, quanto prima; ho già veduto dei giacinti fioriti sopra alcune finestre, e scommetterei che si trovano già delle viole aperte nella campagna. Volete che ne andiamo domenica a raccogliere? io credo che sarete già guarita per quel tempo.
Paolina crollò il capo in atto di sconforto e di dubbio, e dopo qualche momento, levando le braccia di sotto le coltri, e afferrando convulsivamente le mani della fanciulla, e fissando ne’ suoi gli occhi di lei velati dalle lacrime: — Sentite, Marianna, le disse, io amo come voi la primavera; amo la natura, amo la mia gioventù e l’esistenza; la mia testa si perde nell’immaginare tutta la felicità che mi era ripromessa nella vita; ma a che giova illudersi? io devo rinunciare a tutto ciò, io devo perdere tutto; sì, o Marianna, la dirò pure