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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tarchetti - Paolina, 1875.djvu{{padleft:166|3|0]] tardo o incompleto. — Essi non hanno però che dubitato, e dubitando credevano, perocchè io domando: havvi un uomo che abbia avuto in tutta la sua esistenza il convincimento assoluto o immutabile di una sola vita?

Paolina è distesa sul suo letto; la morte, riconciliata con lei, sembra averle ridonato, come un nemico generoso, ciò che le tolse: le tinte della salute, la mollezza dei profili, la lucidità delle chiome, lo stesso sorriso della felicità, tutte le apparenze della giovinezza; si direbbe che sia rimasto in lei qualche cosa di sensibile e di vivo per sorridere e rallegrarsi ancora sul suo destino. L’aspetto vago e sorridente che acquistano tutti i defunti dopo la morte merita di essere profondamente osservato; esso direbbe troppo grandi cose, se gli uomini avessero cuore per intenderle e se la baldanza della felicità non rifuggisse dall’ascoltarle. — Avvi però l’occhio inerte ed immobile che nulla riacquista più della vita; la natura lo chiude nella morte come nel sonno per celarne l’espressione spaventevole. Oh le tenebre!... Egli fu un grande pensiero quello che trasse gli antichi ad illuminare le tombe! Chi non direbbe che la vita sia nella luce?

Alcuni ceri illuminano la stanza di Paolina, due lunghe liste di drappo nero ne ornano gli stipiti della porta; essa veste un abito bianco, il suo capo è circondato di una corona, il volto ricoperto di un velo, le sue mani stringono una piccola croce e un fiore di giacinto avvizzito; essa sorride.... a chi sorride?... forse al suo spirito che le aleggia d’intorno, e non sa trattenersi dal contemplare quelle forme

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