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Il feretro di Paolina poteva aprirsi a stento una via tra la moltitudine, i coriandoli piovevano a nubi sulla coltre di velluto nero che copriva la bara; taluno scorgendo un sacerdote, si affaccendava a dirigervi tutti i suoi colpi, poi avvedendosi che egli accompagnava un defunto, si arrestava mortificato. Si passò lungo una via dove sopra un balcone guernito di fanciulle, si scorgevano le antiche compagne di Paolina, e quella dispettosa Caterina e madama Gioconda, tutte arrossate nel viso e coi capelli in disordine, intente ad una lotta accanita contro il balcone dirimpetto; ma nessuna di loro vi avea posto attenzione: solamente una donniciuola del popolo, vedendo sulla cassa una corona di fiori bianchi, ed il corteo di sole donne, aveva esclamato: poveretta! è una fanciulla....
Ma noi non accompagneremo Paolina in tutto questo triste viaggio: esso fu compiuto come tutti lo furono, come tutti lo saranno. Luigi assistette immobile alla sua sepoltura, senza una lacrima. Vide posare la bara sul terreno, scoprirla del suo panno funerario, vide quella cassa bianca di pioppo e alcuni capelli della povera morta uscire dalla combaciatura delle tavole, vide lì presso la fossa che attendeva la sua preda, e udì il rimbombo delle zolle che si ammucchiarono in un attimo sopra di lei e la rapirono per sempre al suo sguardo. In quel terribile silenzio di cimitero, il rumore del popolo festeggiante giungeva come un’eco lontana al suo orecchio, vi giungeva come un insulto, vi suonava come un infame provocazione. Ho io un nemico? chiese Luigi a sè stesso, e pensò che se avesse potuto versare del sangue si sarebbe sentito sollevato.