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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tarchetti - Paolina, 1875.djvu{{padleft:59|3|0]] forze; mi ammalai, la febbre mi procurò uno stato di delirio e di vaneggiamento, durante il quale fui incapace di risolvermi, e quando rinsavii, i dieci giorni fatali erano scorsi.
«Chi mi vedeva dopo quel tempo errare per i sentieri più solitari di quelle campagne, col volto pallido, coll’occhio affossato, coll’andatura cadente, meravigliava del mutamento improvviso avvenuto nelle mie abitudini e nella mia salute. — Io così florida un giorno, così lieta, così vivace, così orgogliosa della mia gioventù e delle mie gioie innocenti, non era più che un’ombra del passato: spesso contemplava nello specchio i miei lineamenti alterati, il mio viso disfatto, le mie guancie pallide per etisia; ascoltava il mormorare maligno del vicinato, udivo le riprensioni severe di mio padre per la mia tristezza, e per la mia ostinazione a serbarne segreti i motivi, e mi doleva della mia virtù, e mi rammaricavo di quell’ostinato rifiuto.
«In quello stato di cose, erano già trascorsi assai giorni, quando nel visitare un mattino, per vaghezza di malinconia, quel luogo romito, ove solevamo convenire, vedo un cacciatore seduto su quei massi col fucile sulle ginocchia; e col volto celato tra le mani: al rumore dei miei passi solleva il capo e ne discerno le sembianze.... poco mancò che io cadessi morta; era lui, e mi arrestai vacillante sul sentiero.
«Egli si alzò trasalendo, e mi si avvicinò sorridente, ma nel vedermi così disfatta si rattristò profondamente, e mi