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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tarchetti - Paolina, 1875.djvu{{padleft:74|3|0]] gate delle canzoni dei viandanti, in ogni suono che accusi ancora un indizio di vita, v’ha un non so che di mesto e d’inusitato, che penetra in tutti i cuori e si diffonde per tutta la natura. Miseri coloro che si rallegrano allo spettacolo della sera, perchè precede le tenebre, il silenzio, l’isolamento e la dimenticanza, la felice dimenticanza del sonno: essi riaprono gli occhi alla luce con sgomento, vedono in essa un richiamo alla vita e al dolore e vorrebbero che le tenebre durassero eterne, e si eternasse con esse il loro sonno.

Ma coloro che si sentono felici, o si lusingano almeno di divenirlo, salutano, con un trasporto di gioia, il mattino, come il primo periodo d’una nuova esistenza. — Quando si è giovani, quando si ama, quando si hanno molte speranze nel cuore, in un mattino delizioso di primavera, al primo raggio di sole che penetra spezzato per le gretole delle persiane, al profumo di un fiore di giacinto sulla nostra finestra, al gorgheggiare vivace d’un cardellino nell’atrio della casa, la prima sensazione nel ridestarsi è una gioia pura, serena, indefinita che ha qualche cosa di quella tristezza soave e misteriosa che accompagna in noi ogni sentimento sublime, quasi si potesse da ciò congetturare che l’essenza della divinità fosse il dolore.

Tra costoro noi annoveriamo i nostri tre giovani che camminano frettolosamente per la campagna: ora ristanno, ora corrono, ora vanno a passo lento e disordinato: un passero che si culla sopra un ramo flessibile di salice fa piovere sul loro capo delle goccie di rugiada, il vento trasporta tra

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