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paolina. 75

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tarchetti - Paolina, 1875.djvu{{padleft:75|3|0]] i loro capelli agitati i candidi fiocchi del pioppo, le grosse lucertole delle siepi fuggono su per gli alberi e vi si arrestano a contemplarli con due occhietti neri, lucidi, affascinanti, e intanto le campane dei dintorni martellano a festa, e le contadine che vanno alla città col loro canestro dicono: — che bei giovani! e vanno a fare una colazione in campagna.

Luigi dà il braccio alla Paolina, e la Mineu li seguita da lontano. Nonchè essi non attendano la povera ragazza impedita nel camminare e debole ancora per la febbre, chè anzi la riprendono per volersene star sola, e la Paolina le dice spesso: — Che fate Marianna? venite con noi, appoggiatevi al mio braccio; ma la fanciulla rimane più volentieri sola, e si compiace di rivedere quei luoghi che le ricordano la sua infanzia, e trattenere in sè stessa i suoi pensieri e le sue commozioni.

La sventura aveva data a quell’anima una potenza profonda nella meditazione, una delicatezza squisita che si eccitava al minimo contatto, una mente vasta, riflessiva, creatrice, e se l’arte avesse governate quelle virtù e direttele ad uno scopo, ne avrebbe modellato un poeta.

Noi diciamo spesso: ogni grand’uomo fu sventurato, e collochiamo la causa al luogo dell’effetto; si dovrebbe dire: ogni uomo sventurato fu grande. — Di fatto la sventura fu in ogni tempo unica maestra di sapienza. Ogni monumento letterario del genio umano (e nella letteratura come manifestazione del pensiero sta la reale testimonianza del genio), è un’elegia sul destino dell’umanità, ogni libro, ogni pagina,

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