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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tarchetti - Paolina, 1875.djvu{{padleft:86|3|0]] braccia, e moltiplicandoli sotto mille forme mostruose, simulavano una feroce battaglia di giganti.
Alle grida replicate di aiuto si apersero su nell’alto alcune finestre, e si videro dei lumi sporti da qualche braccio nudo, qualche testa d’uomo avvolta in un berretto da notte, che scompariva tosto e richiudeva le griglie, come una testuggine impaurita si ritira nella sua nicchia, e si udì una voce di donna che diceva: — da bravi, figliuoli, la finiscano, abbiano carità; ora viene mio marito, è un uomo vigoroso mio marito, lo so io, e se non smetteranno andrà a chiamare le guardie.
Ma le guardie avvertite da un passeggiero che, avviandosi colà, aveva veduto tutto da lontano e aveva rifatta la via, giunsero in un batter d’occhio sul luogo.
I due assalitori erano macerati di percosse, e non avendo miglior desiderio che di finire la lotta, si acquietarono in un baleno, e si posero in un atteggiamento di assaliti, snocciolando una serie di accuse, di lagnanze e di proteste con tanta apparenza di verità, che avrebbero tratto in inganno il più provetto magistrato: ma Luigi infuriava e si durava fatica a contenerlo, nè si acquietò che pochi momenti dopo dinanzi al delegato di giustizia.
— Come vi chiamate? gli chiese quel personaggio con un tuono di voce così cupo e terribile che pareva voler dire: rispondete subito e a dovere, perchè voi siete morto.
— Luigi***, rispose il paziente.
— Ed esercitate qualche professione?
— Sono tornitore, e lavoro all’officina di Giacomo***.