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In una sera di giugno del 1864, e nei primi giorni della mia residenza in Milano, io usciva da quel magnifico tempio col cuore agitato da mille commozioni di artista e di poeta (e solo per quella conoscenza ideale che dell’arte e della poesia hanno nel loro cuore tutti gli uomini sensibili) e fui arrestato da una moltitudine di curiosi che assisteva alla demolizione di un antico quartiere di fronte, laterale alla via dei Borsinari, e denominato il Coperto de’ Figini.

Il Municipio ne aveva decretato l’abbattimento per l’ampliazione della nuova piazza di quella meravigliosa Cattedrale, e i Milanesi non passavano d’innanzi a quelle rovine senza trattenersi a contemplarle con un sentimento di meraviglia, oscillante tra il rammarico e la gioia. — E infatti quel nuovo ornamento d’una piazza ammirabile per ampiezza e per eleganza, dovea costare la demolizione di quell’edificio ragguardevole per antichità e quasi monumentale in quella metropoli, dove d’una serie di avvenimenti gloriosi e splendidissimi non rimase altra testimonianza che nella storia.

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