< Pagina:Tarchetti - Racconti umoristici, 1869.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

— 38 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tarchetti - Racconti umoristici, 1869.djvu{{padleft:38|3|0]]difendersi che per quel tanto che era necessario a nascondere il suo disegno, e a scoprirsi appena il suo nemico avesse saputo drizzargli un colpo decisivo.

Furono recate le armi: i due avversari posero mano alla spada, e si avventarono l’uno contro l’altro. Il francese si batteva con fuoco, faceva delle finte rapidissime, era uno spadaccino brillante.

Rosen lo respingeva con calma, e sorrideva seco stesso, benchè si arrovellasse di non poter mostrare tutta la valentía in quel giuoco. La lotta durò alcuni istanti. Rosen era sul punto di lasciarsi ferire, quando s’avvide che il suo avversario si ostinava a tener alta la punta per sfregiarlo nel viso. Questa circostanza fu causa che egli perdesse tutta la sua freddezza, e si dimenticasse dello scopo di questo duello, per non ricordarsi più che di colpire il suo nemico. Proseguirono con accanimento; il francese aveva già sfiorata una spalla a Rosen, quando, scoprendosi a un tratto nel ritirarsi, fu colpito nel petto e cadde.

Rosen si avvide allora del suo fallo, ma era troppo tardi. Lamperth gli si avvicinò, e gli disse: — Che avete fatto? voi avete ucciso un uomo innocente.

— Sì, disse Rosen, ma sarà l’ultimo; che volete? sono un insensato... partiamo subito per la Francia: giuro al cielo che al primo scontro che io potrò avere in quel paese, mi lascerò sparare come un coniglio.

E al domani s’imbarcarono per Calais, e presero la via di Parigi.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.