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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tasso - Aminta, Manuzio, 1590.djvu{{padleft:12|3|0]]
À chi mi tace, ò mi nasconde à lei,
Ò dolci baci, ò cosa altra più cara.
Questo io sò certo almen, che i baci miei
Saran sempre più cari à le fanciulle,
(Se io, che son l’Amor, d’amor m’intendo)
Onde sovente ella mi cerca in vano,
Che rivelarmi altri non vuole, e tace.
Ma per istarne anco più occolto, ond’ella
Ritrovar non mi possa à i contrasegni,
Deposto hò l’ali, la faretra, e l’arco.
Non però disarmato io qui ne vengo,
Che questa, che par verga, è la mia face:
(Cosi l’hò trasformata) e tutta spira
D’invisibili fiamme: e questo dardo,
(Se bene egli non hà la punta d’oro)
È di tempre divine, e imprime Amore
Dovunque fiede. Io voglio hoggi con questo
Far cupa, e immedicabile ferita
Nel duro sen de la più cruda Ninfa,
Che mai seguisse il Choro di Diana.
Nè la piaga di Silvia fìa minore,
(Che questo è ’l nome de l’alpestre Ninfa)
Che fosse quella, che pur feci io stesso
Nel molle sen d’Aminta, hor son molt’anni;
Quando lei tenerella, ei tenerello
Seguiva ne le caccie, e ne i diporti.
E, perchè il colpo mio più in lei s’interni,
Aspetterò, che la pietà mollisca
A 2 Quel