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  Daf.25Lingua bugiarda.     Tir.     E perche? tu non ſei
  Atta à tener mille fanciulle à ſcola?
  Benche, per dir il ver, non han biſogno
  Di Maeſtro. Maeſtra è la Natura,
  Ma la Madre, e la Balia, anco v’han parte.

  Daf.30In ſomma, tu ſei goffo inſieme, e triſto.
  Hora, per dirti il ver, non mi riſoluo,
  Se Siluia è ſemplicetta, come pare
  À le parole, à gli atti. hier vidi un ſegno,
  Che me ne mette in dubbio. io la trouai
  35Là preſſo la cittade in quei gran prati,
  Oue frà ſtagni giace un’Iſoletta,
  Soura eſſa un lago limpido, e tranquillo,
  Tutta pendente in atto, che parea
  Vagheggiar ſe medeſma, e’nſieme inſieme
  40Chieder conſiglio à l’acque, in qual maniera
  Dispor doueſſi in su la fronte i crini,
  E ſoura i crini il velo, e ſoura’l velo
  I fior, che tenea in grembo; e speſſo speſſo
  Hor prendeua un ligustro, hor una roſa,
  45E l’accoſtaua al bel candido collo,
  À le guancie vermiglie, e de’ colori
  Fea paragone; e poi, ſi come lieta
  De la vittoria, lampeggiaua un riſo,
  Che parea, che diceſſe: Io pur vi vinco,
  50Nè porto voi per ornamento mio,
  Ma porto voi ſol per vergogna voſtra;
  Perche ſi veggia quanto mi cedete.


  Daf.25Lingua bugiarda.     Tir.     E perché? Tu non sei
  Atta a tener mille fanciulle a scola?
  Benché, per dir il ver, non han bisogno
  Di Maestro. Maestra è la Natura,
  Ma la Madre, e la Balia, anco v’han parte.

  Daf.30In somma, tu sei goffo insieme, e tristo.
  Ora, per dirti il ver, non mi risolvo,
  Se Silvia è semplicetta, come pare
  A le parole, a gli atti. Ier vidi un segno,
  Che me ne mette in dubbio. Io la trovai
  35Là presso la cittade in quei gran prati,
  Ove fra stagni giace un’Isoletta,
  Sovra essa un lago limpido, e tranquillo,
  Tutta pendente in atto, che parea
  Vagheggiar se medesma, e’nsieme insieme
  40Chieder consiglio a l’acque, in qual maniera
  Dispor dovessi in su la fronte i crini,
  E sovra i crini il velo, e sovra’l velo
  I fior, che tenea in grembo; e spesso spesso
  Or prendeva un ligustro, or una rosa,
  45E l’accostava al bel candido collo,
  A le guancie vermiglie, e de’ colori
  Fea paragone; e poi, si come lieta
  De la vittoria, lampeggiava un riso,
  Che parea, che dicesse: Io pur vi vinco,
  50Né porto voi per ornamento mio,
  Ma porto voi sol per vergogna vostra;
  Perché si veggia quanto mi cedete.

Ma,

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