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scena seconda. 39

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  165L’amor d’accordo.     Daf.     Tu mi ſcherni, e forſe
  Non merti Amante così fatta: ahi, quanti
  N’inganna il viſo colorito, e liſcio.

  Tir.Non burlo io, nò, ma tu con tal proteſto
  Non accetti il mio amor, pur come è l’uſo
  170Di tutte quante: ma, ſe non mi vuoi,
  Viuerò ſenza amor.
     Daf.     Contento viui
  Più che mai foſſi, ò Tirſi, in otio viui;
  Che ne l’otio l’amor ſempre germoglia.

  Tir.Ò Dafne, à me quest’otio ha fatto Dio:
  175Colui, che Dio qui può stimarſi; à cui
  Si paſcon gli ampi armenti, e l’ampie greggie
  Da l’uno, à l’altro mare, e per li lieti
  Colti di fecondiſſime campagne,
  E per gli alpeſtri doſſi d’Appennino.
  180Egli mi diſſe, allhor, che ſuo mi fece,
  Tirſi, altri ſcacci i lupi, e i ladri, e guardi
  I miei murati ouili altri comparta
  Le pene, e i premij a’ miei miniſtri; & altri
  Paſca, e curi le greggi; altri conſerui
  185Le lane, e’l latte; & altri le diſpenſi:
  Tu canta, hor che sè’n otio. ond’è ben giuſto,
  Che non gli ſcherzi di terreno amore,
  Ma canti gli aui del mio viuo, e vero
  (Non sò, s’io lui mi chiami) Apollo, ò Gioue;
  190Che ne l’opre, e nel volto ambi ſomiglia,
  Gli aui più degni di Saturno, ò Celo;
  Agreste Muſa à Regal merto: e pure


  165L’amor d’accordo.     Daf.     Tu mi scherni, e forse
  Non merti Amante così fatta: ahi, quanti
  N’inganna il viso colorito, e liscio.

  Tir.Non burlo io, no, ma tu con tal protesto
  Non accetti il mio amor, pur come è l’uso
  170Di tutte quante: ma, se non mi vuoi,
  Viverò senza amor.
     Daf.     Contento vivi
  Più che mai fossi, o Tirsi, in ozio vivi;
  Che ne l’ozio l’amor sempre germoglia.

  Tir.O Dafne, a me quest’ozio ha fatto Dio:
  175Colui, che Dio qui può stimarsi; a cui
  Si pascon gli ampi armenti, e l’ampie greggie
  Da l’uno, a l’altro mare, e per li lieti
  Colti di fecondissime campagne,
  E per gli alpestri dossi d’Appennino.
  180Egli mi disse, allor, che suo mi fece,
  Tirsi, altri scacci i lupi, e i ladri, e guardi
  I miei murati ovili altri comparta
  Le pene, e i premii a’ miei ministri; ed altri
  Pasca, e curi le greggi; altri conservi
  185Le lane, e’l latte; ed altri le dispensi:
  Tu canta, or che se’ ’n ozio. Ond’è ben giusto,
  Che non gli scherzi di terreno amore,
  Ma canti gli avi del mio vivo, e vero
  (Non so, s’io lui mi chiami) Apollo, o Giove;
  190Che ne l’opre, e nel volto ambi somiglia,
  Gli avi più degni di Saturno, o Celo;
  Agreste Musa a Regal merto: e pure

Chiara,

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