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145.

Assomigliando la sua donna a l’aura, si lamenta ch’ella sia leggiera

e fugace e nieghi di temprar il suo caldo amoroso, e desidera

di riceverla almeno di passaggio.


L’aura, che dolci spirti e dolci odori
  Porta da l’orïente ov’ella nacque,
  Perché tra verdi fronde e lucid’acque
  4E fresche erbette spiri e lieti fiori,
E rinnovi i suoi primi e vaghi errori
  Lungo le rive onde m’accese e piacque,
  Mai ver’ me non si volse e mai non giacque
  8In parte ove temprasse i nostri ardori.
E se non è chi la ritenga o coglia
  Mentre si turba il sole e fa sereno
  11E mentre il bosco si riveste e spoglia,
Or qui si desti mormorando almeno
  Tra vivi fonti e lauri, ov’io l’accoglia
  14Nel suo passar veloce e l’apra il seno.


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