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156.

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[Essendo tornato a gli studi in Padova scrive a la signora Laura[1] Peperara
proponendosi di acquistare fama per divenire degno amante di lei.]


In quell’etate in cui mal si difende
  L’incauto cor, nel vostro[2] almo paese
  De la vostra bellezza Amor m’accese
  4Ch’ancor lontana a gli occhi miei risplende.
Qui poi m’addusse ove saver s’apprende
  Novo amor di saver ch’in alto intese;
  Ma di partir mi dolsi, e ’n me contese
  8L’un mio desire e l’altro ed or contende.
Oh, pur vegghiando ne le notti algenti,
  Laura, e ne’ caldi dì tanto m’avanze
  11Che di voi degno amante io mi dimostri.
Amatemi fra tanto e di speranze
  Consolate il mio duol ne’ miei lamenti
  14Fin ch’io torni a goder de gli occhi vostri.


157.

Dice che ritornando a la sua donna è seco per opera

del suo pensiero.


Donna, nel mio ritorno
  Il mio pensiero a cui nulla pon freno
  Precorre dove il cielo è piú sereno,
  E se ne viene a far con voi soggiorno;
  5Né da voi si diparte
  Giammai la notte e il giorno
  Perché l’annoia ciascun’altra parte;
  Onde sol per virtú del pensier mio
  Mentre ne vengo a voi con voi son io.

  1. 27 Alla signora Laura*.
  2. 27 nel nostro.

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