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218.


Non regna brama in me cotanto ardita
  Ch’a cosí dubbia impresa erga mia spene;
  E, sebben la beltade altrui l’invita,
  4La severa onestà poi la ritiene:
Né son sí poche o lievi in me le pene
  Che l’alma d’un piacer folle invaghita
  Le scordi e del suo bel corso smarrita
  8Erri per strada ch’a reo fin la mene.
Lodai le vaghe membra onde traluce
  De l’interna bellezza un raggio ardente,
  11Come per nube il sol puro e sottile;
Ma non m’accese già la vaga luce
  Nel petto alcun pensier lascivo e vile,
  14Ché per me son d’Amor le faci spente.


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