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237.


Negro era intorno e ’n bianche falde il cielo
  Piovea converso, quando in alto ascese
  Madonna per mostrarsi a me cortese
  4E le fiamme mirar che sí mal celo;
Quand’ecco su’ bei crin stille di gelo
  Sembràr perle su l’oro ad arte stese;
  Ma le mie luci al dolce obietto intese
  8Chiuse, ahi! la pioggia e lor di sé fe’ velo.
Deh! quando in giogo d’Alpe o d’Apennino
  Avvenne o in iperborea eccelsa rupe
  11Sí duro caso, e a cui sí forte incresce?
Lasso, io rimasi allor qual peregrino
  A cui s’annotti in valli orride e cupe
  14Mentre monti di neve il turbo mesce.


238.


Or che colui che messaggier fedele
  Fu de’ nostri sospir, del nostro affetto,
  Giudice scaltro a terminare eletto
  4Le nostre dolci liti e le querele,
Fatto è ad Amor rubello, a noi crudele,
  Esser ben può ch’io sparga ogni mio detto
  A l’aria, a’ venti, e nel profondo petto
  8I gran secreti suoi nasconda e cele:
Ma ch’io non v’ami sempre e non v’adori
  Far giammai non potranno oltraggi e sdegni
  11O del cielo d’Amor non che d’uom vile,
Né far forse potrà ch’io non disegni
  In carte il vostro onor con dotto stile
  14E che le vostre chiome non indori.


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