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363.

2.


Qui dove i sacri e verdeggianti allori
  Forman di sè vago boschetto ombroso,
  Per cui serpendo al mar da l’erbe ascoso
  4Porta limpido rio suoi dolci umori;
Ove persi, vermigli e bianchi fiori
  Rendon vago il terreno e dilettoso;
  Ove fra ’l crin de gli arboscei frondoso
  8Scherzano l’aure con leggiadri errori;
Vieni, o Fillide mia, se pur non hai,
  Non men ch’umano volto, il cor spietato,
  11Ond’io tregua al dolor ritrovi omai.
Ma chi m’ode? a chi parlo? ove son io?
  Lasso! ella altrove al caro Alcippo amato
  14S’asside in grembo e spregia l’ardor mio.


364.

3.


Mentre è de gli anni nostri il lieto maggio
  In cui tutte sue gioie Amore accoglie,
  Godiam, Fillide, amando in dolci voglie,
  4Ché sol chi segue ciò ch’aggrada è saggio.
Ben face al mondo ed a sé stesso oltraggio
  Chi con leggi d’onore invidia e toglie
  I diletti del senso: oh, non t’invoglie
  8D’immaginata gloria un falso raggio!
Queste larve di bene, onde sovente
  Altri deluso vien, sincera e bella
  11Luce di verità dilegui e sgombre:
Nomi senza soggetto e sogni ed ombre
  Son queste, che virtudi il mondo appella:
  14E natura ciò diede ed ei no ’l sente.


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